Boris Johnson e la Brexit in 10 punti

Boris Johnson

La Brexit spiegata ai ragazzi 

Boris Johnson e la Brrrr…exit. Cosa è successo  in Inghilterra, anzi in Gran Bretagna? Ecco qua in 10 punti la Brexit spiegata ai ragazzi (aggiornata a aprile 2021)

la brexit spiegata ai ragazzi

di Gaia Cesare

1 – CHI È BORIS JOHNSON

Nome: Boris
Cognome: Johnson (il suo nome per esteso, in realtà, è Alexander Boris de Pfeffel Johnson. Ma per molti è solo Boris o BoJo)
Età: è nato a New York, Stati Uniti, da genitori britannici, 19 giugno 1964… fate il conto!
Residenza: Downing Street, Londra (il primo ministro di solito vive al numero 10 ma l’appartamento al numero 11 è più grande e BoJo lo ha preferito)
Coinquilini: non solo la fidanzata Carrie Symonds, 24 anni più giovane di Boris, che ha alle spalle 2 matrimoni. Ma anche il cane Dilyn, cucciolo di jack russell che era stato abbandonato ed è stato adottato dalla coppia
Incarico: primo ministro del Regno Unito dal 24 luglio 2019. Ce l’ha fatta dopo che l’ex premier Theresa May ha fallito l’obiettivo della Brexit
Studi: laurea in Lettere Classiche all’Università di Oxford con una tesi in Storia antica
Passioni: il latino, l’impero romano, Churchill e la bicicletta
… a proposito di Brexit: è stato il leader che ha concretizzato l’addio del Regno Unito all’Unione Europea. Dopo tre anni di caos, è riuscito a far approvare dal Parlamento di Londra l’accordo sulla Brexit siglato con la Ue

2 – COS’È LA BREXIT

Da Britain (Gran Bretagna) + Exit (uscita). Per Brexit si intende l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, nella quale il Paese è entrato nel 1973, quando la Ue si chiamava Comunità economica europea. Il Regno Unito (Gran Bretagna e Irlanda del Nord) non sono più membri della Ue dalla mezzanotte (ora italiana) del 31 gennaio 2020. «Lasciamo la Ue ma resteremo vicini all’Europa», ha detto il primo ministro Boris Johnson. «Saremo il vostro amico, il vostro alleato, il vostro sostenitore e il vostro mercato principale».

3 – COSA È SUCCESSO?

Il 23 giugno 2016, i britannici (che sono inglesi, scozzesi, gallesi e nord-irlandesi insieme) hanno votato per decidere se restare nella Ue o lasciarla. Il Leave (lasciare) ha vinto con il 52% contro il 48% del Remain (restare). Il Regno Unito ha deciso di dire addio alla Ue. Ma il processo di uscita non è stato così semplice. Ci sono voluti quattro anni e mezzo.

4 – PERCHÉ SI È VOTATO?

L’ex primo ministro David Cameron ha concesso il referendum dopo le pressioni arrivate da un gruppo di deputati conservatori che non amavano il progetto europeo e dopo le pressanti richieste di Nigel Farage, l’uomo che voleva assolutamente la separazione tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Fondatore e leader del partito Ukip e del Brexit Party, Farage ora è fuori dalla politica dopo aver raggiunto il suo obiettivo: l’addio di Londra alla Ue.

5 – CHI È A FAVORE DELLA BREXIT

Gli euroscettici o Brexiteers sono i cittadini e i politici, sia di sinistra (laburisti) che di destra (conservatori), favorevoli alla separazione con la Ue. Vogliono difendere la sovranità del Regno Unito, vogliono conservare la possibilità di decidere sulle proprie leggi, vogliono poter limitare l’immigrazione da altri Paesi. Il principio di libera circolazione delle persone, previsto dalla Ue, permette infatti ai cittadini europei di viaggiare e lavorare negli Stati membri liberamente.

6 – CHI È CONTRO LA BREXIT

Gli europeisti sono i cittadini e i politici, sia di destra che di sinistra, a favore della Ue. Sono convinti che l’unione degli Stati europei sia una forza in un mondo globalizzato. Con le sue leggi e direttive, l’Unione europea è fonte di diritti e garanzie in molti settori, dal lavoro ai consumi, ed è il centro di un grande mercato di scambio di merci e beni.

7 – LA PROCEDURA PER L’USCITA

Il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha attivato l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che prevede il ritiro di un Paese membro dall’Unione europea. In base al Trattato, prima di uscire lo Stato deve negoziare un accordo che va approvato dall’Unione europea.

Cioè un paese non può dire ciao-arrivederci chiudere i confini e andarsene. Tutti insieme – paese che va e paesi che restano – devono decidere in che modo. Chiaro no? Se alla fine però l’accordo non si trova, chi vuole andarsene può farlo anche sbattendo la porta…

Per raggiungere l’intesa, i negoziatori hanno avuto due anni di tempo, ma il termine poteva essere esteso. Perciò la data della Brexit (con o senza accordo) è stata allungata: dal 29 marzo al 12 aprile al 31 ottobre fino al 31 gennaio 2020, il giorno dell’addio.

8 – «NO DEAL»

Se l’accordo non si fosse trovato, il Regno Unito sarebbe uscito dall’Unione europea senza intesa, cioè con il No deal. Sarebbe stata una Brexit «dura» (hard Brexit) e invece è stata una Brexit morbida (soft Brexit). A quel punto, la Gran Bretagna sarebbe stata considerata un Paese terzo e gli scambi di merci sarebbero stati sottoposti a dazi, controlli e dichiarazioni alle dogane. Secondo i contrari alla Brexit e secondo la Banca d’Inghilterra, uscire senza accordo sarebbe stato un disastro per l’economia britannica. Per i favorevoli alla Brexit invece sarebbe stato l’occasione per nuovi accordi commerciali con altri Paesi.

Ma alla fine l’intesa si è trovata, meglio tardi che mai …

9 – L’ACCORDO

L’accordo tra Unione europea e Regno Unito prevede la fine della libera circolazione delle persone e delle merci. L’immigrazione può essere controllata e limitata. Non solo. Londra ha la possibilità di decidere sulle proprie leggi.

I VIAGGI

Per viaggiare nel Regno Unito, fino al 1° ottobre 2021 si potrà ancora usare la carta di identità. Dopo il 1° ottobre 2021 servirà il passaporto, ma non il visto. Il visto è necessario se ci si ferma più di sei mesi. Quindi porte aperte ai turisti, come se la Brexit non ci fosse mai stata, e via libera a visite a parenti o amici, a corsi di studio brevi, a vacanze studio estive, conferenze ed eventi. Ma per lavorare nel Regno Unito adesso serve una «chiamata» e bisogna essere lavoratori «qualificati».

IL LAVORO E L’IMMIGRAZIONE

A differenza di quel che accadeva prima della Brexit, non si può più andare a Londra e cercare un impiego. D’ora in poi è necessario avere già un contratto in mano, un’offerta di lavoro prima della partenza, da uno sponsor riconosciuto dallo Home Office (il ministero degli Interni). Non solo. Per entrare, bisogna essere lavoratori qualificati. Cosa significa? È stato introdotto un sistema a punti e solo chi raggiunge 70 punti può entrare nel Paese. Richiesto anche un salario minimo (20.480 sterline l’anno) ma se si guadagna di più si ottengono più punti. La conoscenza della lingua inglese è uno dei requisiti (livello B1, Ielts tra 4.0 e 5.5). Un contratto e un buon inglese garantiscono già 50 punti. Tutto ciò NON riguarda i Global Talent, i talenti, cioè quelle eccellenze straniere che primeggiano nella scienza, nelle discipline umanistiche, nel campo dell’ingegneria, delle arti (cinema, design, moda e architettura) e nella tecnologia digitale. I migliori entrano anche senza offerta di lavoro. E chi si è laureato nel Regno Unito ha due anni di tempo (3 per i dottorandi) per lavorare o cercare lavoro.

IL COMMERCIO

Il 31 gennaio, giorno dell’addio, è iniziato il periodo di «transizione» di un anno, cioè il periodo di passaggio per trovare un accordo commerciale. Il 24 dicembre 2020, alla vigilia di Natale, l’accordo è stato trovato: è stata la cosiddetta Brexmas (da Brexit e Christmas, Natale). Il Regno Unito non è più parte del mercato unico europeo e dell’unione doganale. Ma può accedere al mercato unico senza pagare tariffe e senza pagare quote sulle merci. Un caso a parte è quello dell’Irlanda del Nord, che può beneficiare del mercato unico, pur rimanendo nel Territorio doganale del Regno Unito. È la soluzione che si è trovata per evitare che nell’isola tornassero i controlli tra il Nord Irlanda e la Repubblica d’Irlanda.

10 – IL CONFINE IRLANDESE

Uno dei punti fondamentali dell’accordo riguarda il confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord. L’isola è divisa in due dal 1922. Il Nord fa parte del Regno Unito e il resto dell’isola è uno Stato indipendente con Dublino capitale. Con la Brexit, il ritorno della frontiera tra le due parti sarebbe stato rischioso perché avrebbe ripristinato controlli e posti di blocco delle forze dell’ordine. In passato, in Irlanda i luoghi presidiati dagli agenti in divisa sono stati presi di mira dai terroristi dell’IRA (Irish Republican Army) e di altre organizzazioni paramilitari, che sparavano e piazzavano bombe. Ecco perché si è deciso di consentire all’Irlanda del Nord di rimanere nel territorio doganale del Regno Unito ma, allo stesso tempo, di beneficiare del mercato unico. Per evitare una frontiera fisica e posti di blocco che potessero riaprire vecchie ferite e alimentare nuove violenze al confine fra il Nord e il Sud dell’isola.

Ora i controlli delle merci fra Gran Bretagna e Irlanda vengono fatti in mare, come se ci fosse un confine marittimo. Ma questa soluzione non piace ai gruppi “unionisti”, cioè ai gruppi protestanti che sentono così di allontanarsi dalla madrepatria e hanno già dato vita, in qualche caso, ad azioni violente e scontri con i repubblicani cattolici.

5 commenti su “Boris Johnson e la Brexit in 10 punti”

  1. Ho cercato qualcosa di chiaro e diretto per far capire a mio figlio che frequenta la seconda media e sta studiando il Regno Unito in geografia, cosa si intende per Brexit. Considerando inoltre che mio figlio è DSA, trovo questo articolo molto valido.

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