L’atleta cieco che corre la maratona
LONDRA – A 18 anni la retinite pigmentosa ha tolto la vista a Simon Wheatcroft, ma lui non si è arreso. Con mesi di allenamento […]
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E’ ancora emergenza maltempo. Dopo l’alluvione di venerdì scorso che ha colpito Genova, un altro nubifragio si è abbattuto sull’isola d’Elba dove torrenti e fossi sono esondati, i ponti crollati e le strade interrotte dalle frane. E’ solo l’ultimo resoconto di un bollettino di devastazione che ha investito l’Italia da nord a sud. Si contano i danni a Napoli e provincia ma l’allerta è scattato anche in Piemonte. In Emilia Romagna la Protezione civile ha attivato la fase di pre-allarme per la piena del Po.
Che cosa è successo a Genova. lI Bisagno è un torrente che divide il Levante di Genova da Ponente. All’altezza della stazione di Brignole le sue acque sono state interrate. Qui si crea un “tappo” che impedisce al torrente di proseguire in sicurezza la sua corsa verso il mare. In caso di piogge eccezionali (come quelle di questi giorni) questa strozzatura blocca l’acqua del torrente che si ingrossa sempre di più finchè non riesce più a defluire. A questo punto il rio Fereggiano – un affluente del Bisagno – si trova a sua volta senza via di sbocco: si gonfia, esce dagli argini e travolge tutto.
“È andata così”, ha spiegato il professore Alfonso Bellini, il geologo incaricato dalla Procura di cercare le cause del nuovo disastro, ed ha aggiunto: “E’ un’eterna spada di Damocle sulle nostre teste”.
L’alluvione del 1970. Nell’ottobre 1970 il Bisagno era uscito dagli argini al ponte ferroviario, strozzato da quell’imbuto che può sopportare 500 metri cubi di acqua al secondo e non certo i 1.200 trascinati in quell’occasione dalla piena. L’acqua si portò via la vita di 24 persone e sommerse Genova.
L’interratura del torrente è un “problema” su cui le amministrazioni di Genova discutono da 41 anni! Era stata progettata nel 1928 e realizzata in 10 anni: sull’alveo del fiume largo 90 metri viene costruita una strada che nel 1945 diventa l’attuale viale Brigate partigiane costruendo tutto attorno palazzi e riducendo lo spazio del torrente, diventato ormai sottorreneo, ad appena 30 metri.
Ecco il racconto di chi ha vissuto in prima persona quei terribili momenti…
GENOVA – Sembra impossibile. Anche nel frastuono delle sirene che squarciano il silenzio irreale di Genova, anche se abbiamo davanti i lampeggianti, le idrovore e le ambulanze cariche di feriti sembra impossibile crederci: l’acqua è tornata a ribellarsi. E’ corsa giù dai monti, è scesa sui tetti d’ardesia grigia senza pietà.
La natura ha deciso di ricordarci che è lei la più forte. Innocui torrentelli dove di solito fanno il bidet i gabbiani, sono stati trasformati in onde limacciose e inarrestabili. Gonfie di legna, di detriti e tanta terra. Uno di questi ruscelli si chiama Rio Ferreggiano. Se lo vedevi prima delle piogge ti saresti fatto una risata: quel rigagnolo lì? E che vuoi possa mai fare? Ebbene il rio si è trasformato in un mostro. Ha rincorso tre donne e due bambine. Loro sono riuscite a infilarsi nell’androne di un palazzo. In una sorta di assurda dimostrazione di forza il Ferreggiano è entrato anche lì dentro e le ha uccise.
Anche a Brignole, dove il Bisagno è stato imprigionato sottoterra dalla fame di palazzi e strade, lo tsunami è venuto dai monti. Da quelle montagne che cingono Genova e che nei secoli tante volta l’hanno salvata dagli invasori. Ma questa volta le cose sono andate diversamente, i barbari erano gocce ghiacciate venuti dal cielo. L’acqua marrone ha travolto tutto e tutti senza fare distinzioni tra cose o persone.
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